Capital City, Gennaio 2517
Non rimetteva piede nel suo vecchio appartamento da così tanto tempo da essersi dimenticato le chiavi di scorta a casa sua, quella casa dove non era più il benvenuto anche se dentro di essa ci ha lasciato una fetta enorme di cuore. Ha vagato a lungo per la capitale, senza meta, senza pensare, senza parlare, senza bere. Bevendo l'acqua piovana che gli ha inzuppato gli abiti quanto la barba vagamente rimessa a filo. Potrebbe bussare alla porta George, ma lo sguardo severo e duro del fratello - che tanto gli ricorda il suo - non saprebbe sopportarlo; potrebbe mandare un messaggio a Gray, chiedergli se è in città, ma ha così schifo e vergogna di sè stesso da non poter biasimare l'amico se lo guardasse dall'alto provando quello che prova lui. Non biasimerebbe Gray, che ha perso la donna che ama senza poter far nulla, mentre lui l'ha persa perchè è un idiota.
Bussa alla porta di uno degli appartamenti del centro, di quelli lussuosi e che contengono al massimo cinque appartamenti per piano. E' una porta che conosce relativamente bene, così come riconosce il viso che spunta fuori dalla porta schiusa da dentro.
Ti prendesse un accidente!
Sono ormai le quattro del mattino. Lois ha i capelli spettinati, gli occhi ancora impastati dal sonno ed il viso rilassato dal ricordo di qualche sogno limpido. Non lo lascia sulla porta, accogliendolo nell'appartamento facendogli solo una domanda.
Mi preparo un infuso, ne vuoi?
Lasciando intendere con ormai difficilmente riuscirà a riprendere sonno. Lo sceriffo lascia il borsone annacquato ad vicino al divano, spogliandosi degli abiti fradici che divide tra appendiabiti ed un paio di sedie vicino alla enorme stufa elettrica perennemente accesa l'inverno, talmente grande da scaldare da sola tutto il soggiorno e la cucina comunicante. Lui stesso, rimasto in pantaloni e maglia a maniche corte, si ficca vicino alla stufa. Quando Lois ritorna nel soggiorno lo trova che ha già spento due sigarette e la terza è quasi alla fine. E davanti a quella stufa, tra sigarette, tisana e parecchie pause, le racconta tutto. Il sorriso di Lois è decisamente disarmante: calmo, caldo e tranquillizzante: gli anni passati tra le allieve delle accompagnatrici della Shouye le hanno lasciato addosso una disinvoltura armoniosa che non fa trapelare nulla che lei stessa non voglia.
Lasciale il tempo di calmarsi, poi parlale, spiegale, e vedrai che pian piano le cose miglioreranno.
Non so se sarà come prima.
E tu fà in modo che lo sia. Lei ti non lascerà mai davvero neanche quando ti farai ammazzare dagli indipendentisti.
Nonostante lei riesca a rimettergli il morale qualche spanna più in alto rispetto al fondo del pozzo in cui è precipitato, quella sensazione di vuoto non gli sparisce dal petto.
Comunque, non essere triste.
Non sono triste.
Guarda che non c'è nulla di cui vergognarsi ad ammetterlo che lo sei.
Non è tristezza: questa è rabbia.
Beh..è alquanto difficile distinguerle, su una faccia come la tua. - Ridacchia, sarcastica. -
Fossi stato triste avrei avuto la bocca più aperta.
Oh..starò più attenta la prossima volta.
Intanto lei si alza dalla sedia, prendendogli dalle mani la tazza.
Tu fatti una doccia calda, mentre io ti sistemo una coperta sul divano. L'accappatoio e nell'anta di sinistra, di fianco alla porta.
E finalmente anche lui si schioda dalla seggiola, facendo qualche passo in direzione del bagno; ma prima di raggiungerlo si ferma.
Lois..
Yes..?
You're a sweety friend.
I love you, boy.
Una dichiarazione che viene accompagnata da un sorriso dolce; una dichiarazione limpida e pulita che è piuttosto paragonabile a quella di una sorella, di una madre, che di una qualsiasi amante. Quando le luci si spengono nell'appartamento, il sole ha già ricominciato a rischiarare il cielo di Capital City.
Lois Locke, 2517
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