sabato 31 gennaio 2015

i promise you

Capital City, Febbraio 2516

Susan rientra nel suo appartamento alle 21.30 da praticamente sempre. Non l'ha mai vista oltrepassare quella porta prima delle nove e mezza di sera a meno che non fosse presa qualche permesso. Rientra con la ventiquattr'ore in una mano ed una busta della spesa in un'altra. Sono perlopiù cibi sintetici  in scatola che, con qualche veloce stratagemma, possono anche trasformarsi in manicaretti senza perderci più di una manciata di minuti. Di solito è Helena a far trovare la cena pronta a sua madre, ma la ragazza è ad Agatha con la scuola. Susan è così stanca quella sera, che sta già considerando l'idea di lanciarsi sotto la doccia e poi buttarsi a letto; una stanchezza che si porta dietro da qualche settimana e che le ha fatto perdere qualche chilo. E si allarma quando, entrando, trova prima le luci accese e poi un odore di carne cotta provenire dalla cucina.
Lois sei tu?
Una domanda banale, che le viene fuori quando intuisce che un eventuale male intenzionato non si sarebbe mai preso la briga di cucinare. Si toglie il cappotto e raggiunge la cucina, immobilizzandosi nel vedere suo marito alle prese con la cena. Carne fresca, vino di Greenfield: una cena completa che su quel pianeta gli sarà costato quanto un aperitivo in un Grand Hotel di Corona.
Scusa l'intrusione.
Ribatte lui, cercando lo sguardo della donna che gli viene negato. Un sorriso che non trova.
E' anche casa tua.
Il tavolo è apparecchiato e Susan non deve fare altro che sedersi ed aspettare che l'uomo porti sul tavolo il tutto. Le si siede di fronte, osservandola mangiare qualche secondo prima di farlo anche lui. Nessuno parla finchè il cibo non è finito, la bottiglia non è stata intaccata e gli odori di cotto si sono dispersi nell'aria.
Well, now: se speri che io ti perdoni con del cibo fresco, ti sbaglio.
Ho comprato tutto questo solo perchè potrebbe essere l'ultima volta.
Che significa l'ultima volta? Spiegati..
Vorrei spiegare si, ma una cosa alla volta.
Susan non obbietta, ma si accende una sigaretta che comincia a fumare, mentre gli fa cenno di parlare.
Una donna aveva delle informazioni, su dei terroristi. E l'unica cosa che voleva in cambio da me era...beh, scopare.
Bella consolazione, sapere che mi hai tradito con una donna per il tuo fottuto amore per la patria.
Ikon, Susan. Non si tratta di semplici criminali spaziali. 
Riesumare l'attentato a Capital City è come infilare un dito in una piaga mai chiusa del tutto per la donna. Lei infatti lascia il tavolo, dando le spalle al marito e avvicinandosi alla vetrata. Guarda il riflesso sbiadito che sbatte contro il vetro.
Io voglio giustizia per tutta quella gente morta, per tuo padre. Io ti ho tradito, è vero..
Lascia la sedia anche lui, avvicinandosi alla moglie e afferrandole per le spalle, da dietro. Lei cerca di divincolarsi, ma lui cerca di imporsi. - Listen me! - Le dice con forza, al che lei si arrende alla sua presa.
Ti ho tradito e non posso chiederti scusa. Però ti amo e non voglio perderti di nuovo. E se tu non provi la stessa cosa per me, voglio che mi guardi in faccia e me lo dici qui ed ora: io me ne andrò e non mi vedrai più.
Lui lascia la presa dalle sue spalle e si sposta indietro di un passo, così che lei possa girarsi e guardarlo in faccia e parlare. Ma nel momento in cui muove le labbra, quelle le tremano; gli si avvicina di quel passo per rifilargli un forte schiaffo in faccia,
Ti odio e non posso smettere di amarti.
Poi un'altro schiaffo, più forte, sempre sulla stessa guancia.
Vorrei spararti ma poi dovrei spararmi in petto.
Un terzo schiaffo, che arrossa vistosamente il viso dell'uomo ed il palmo della donna.
Vorrei che tu amassi me più di quanto tu ami il fottutissimo senso del dover..
Lui però la ferma prima che possa schiaffeggiarlo ancora, prima che possa finire quella frase le si avvicina col viso per baciarla sulle labbra. Lei non si tira indietro: solleva le mani per stringergli i capelli con le unghie.
Io non mi farò ammazzare per questo Governo, Susan. Tu ed Helena. non ho altre ragioni di vita. Voi siete il mio cuore ed un uomo non può vivere senza - o a lungo lontano - da esso.
Giuramelo!
Cosa?
Giurami che non mi farai morire dentro, come in queste settimane, mai più. Me lo devi giurare.
Io te lo giuro Susan. E mi dispiace.

Non si schioderebbe da lei per nulla al mondo. Le accarezza i capelli mentre con le labbra le bacia il collo, appena sopra la spalla. La bacia con avidità come se cercasse di memorizzare a vita il sapore che ha la sua pelle.
Poi non ti ho spiegato.
Cosa?
Quell'ultima volta di prima.
E lei sembra già rimettersi in allerta, preoccuparsi.
Riceverò un impianto genetico, nei prossimi giorni, che svilupperà il mio olfatto. L'effetto collaterale è che perderò completamente il senso del gusto.
E questo fino a quando?
Finchè sarò un soldato, Susan. Finchè sarò disposto a rischiare la mia vita per quella degli altri. E ti assicuro, ti giuro, che non sarà per sempre.
Lei sorride. Un sorriso caldo che non vedeva da forse un secolo. - E allora baciami e imprimiti in quella tua testa bacata il mio sapore. - E questa volta è lei ad insistere, coi baci. Con lo stesso entusiasmo di quando erano giovani, dissennati ma non meno innamorati.

sabato 24 gennaio 2015

only in the silent

Capital City, Gennaio 2517

Non rimetteva piede nel suo vecchio appartamento da così tanto tempo da essersi dimenticato le chiavi di scorta a casa sua, quella casa dove non era più il benvenuto anche se dentro di essa ci ha lasciato una fetta enorme di cuore. Ha vagato a lungo per la capitale, senza meta, senza pensare, senza parlare, senza bere. Bevendo l'acqua piovana che gli ha inzuppato gli abiti quanto la barba vagamente rimessa a filo. Potrebbe bussare alla porta George, ma lo sguardo severo e duro del fratello - che tanto gli ricorda il suo - non saprebbe sopportarlo; potrebbe mandare un messaggio a Gray, chiedergli se è in città, ma ha così schifo e vergogna di sè stesso da non poter biasimare l'amico se lo guardasse dall'alto provando quello che prova lui. Non biasimerebbe Gray, che ha perso la donna che ama senza poter far nulla, mentre lui l'ha persa perchè è un idiota.

Bussa alla porta di uno degli appartamenti del centro, di quelli lussuosi e che contengono al massimo cinque appartamenti per piano. E' una porta che conosce relativamente bene, così come riconosce il viso che spunta fuori dalla porta schiusa da dentro.
Ti prendesse un accidente!
Sono ormai le quattro del mattino. Lois ha i capelli spettinati, gli occhi ancora impastati dal sonno ed il viso rilassato dal ricordo di qualche sogno limpido. Non lo lascia sulla porta, accogliendolo nell'appartamento facendogli solo una domanda.
Mi preparo un infuso, ne vuoi?
Lasciando intendere con ormai difficilmente riuscirà a riprendere sonno. Lo sceriffo lascia il borsone annacquato ad vicino al divano, spogliandosi degli abiti fradici che divide tra appendiabiti ed un paio di sedie vicino alla enorme stufa elettrica perennemente accesa l'inverno, talmente grande da scaldare da sola tutto il soggiorno e la cucina comunicante. Lui stesso, rimasto in pantaloni e maglia a maniche corte, si ficca vicino alla stufa. Quando Lois ritorna nel soggiorno lo trova che ha già spento due sigarette e la terza è quasi alla fine. E davanti a quella stufa, tra sigarette, tisana e parecchie pause, le racconta tutto. Il sorriso di Lois è decisamente disarmante: calmo, caldo e tranquillizzante: gli anni passati tra le allieve delle accompagnatrici della Shouye le hanno lasciato addosso una disinvoltura armoniosa che non fa trapelare nulla che lei stessa non voglia.
Lasciale il tempo di calmarsi, poi parlale, spiegale, e vedrai che pian piano le cose miglioreranno.
Non so se sarà come prima.
E tu fà in modo che lo sia. Lei ti non lascerà mai davvero neanche quando ti farai ammazzare dagli indipendentisti.
Nonostante lei riesca a rimettergli il morale qualche spanna più in alto rispetto al fondo del pozzo in cui è precipitato, quella sensazione di vuoto non gli sparisce dal petto.
Comunque, non essere triste. 
Non sono triste.
Guarda che non c'è nulla di cui vergognarsi ad ammetterlo che lo sei.
Non è tristezza: questa è rabbia.
Beh..è alquanto difficile distinguerle, su una faccia come la tua. - Ridacchia, sarcastica. - 
Fossi stato triste avrei avuto la bocca più aperta.
Oh..starò più attenta la prossima volta. 
Intanto lei si alza dalla sedia, prendendogli dalle mani la tazza.
Tu fatti una doccia calda, mentre io ti sistemo una coperta sul divano. L'accappatoio e nell'anta di sinistra, di fianco alla porta.
E finalmente anche lui si schioda dalla seggiola, facendo qualche passo in direzione del bagno; ma prima di raggiungerlo si ferma.
Lois..
Yes..?
You're a sweety friend.
I love you, boy.
Una dichiarazione che viene accompagnata da un sorriso dolce; una dichiarazione limpida e pulita che è piuttosto paragonabile a quella di una sorella, di una madre, che di una qualsiasi amante. Quando le luci si spengono nell'appartamento, il sole ha già ricominciato a rischiarare il cielo di Capital City.


Lois Locke, 2517

venerdì 23 gennaio 2015

i wish nothing

Capital City, Gennaio 2517

L'incrocio genetico non ha avuto effetti collaterali: l'organismo l'ha assimilato alla perfezione. Eppure nonostante riesca già a cogliere dettagli a molti metri di distanza, ha ancora difficoltà a imboccare la strada di casa; nonostante senta i propri muscoli più leggeri, tonici e reattivi, il cuore gli pesa in petto come un macigno ruvido ed ingombrante. La fede, quando viene recuperata dal taschino della giacca, gli brucia tra le dita. E' costretto a rimetterselo in tasca.

E' mezza notte passata. Helena non è a casa: sua zia l'ha portata a sciare in una delle piste invernali costruite sul circolo polare artico di Horyzon. Gli avrà mandato sul cortex almeno due dozzine di foto. C'è anche quella dove un poveraccio si è schiantato contro un palo.

Susan è davanti al suo holodeck, con un paio di grossi occhiali che mette solo quando passa più di dodici ore di fila davanti alle bozze degli articoli da consegnare al suo capo redattore. Quando rimette piede dentro casa, con il suo solito borsone da spalla colmo dei pochi effetti personali che sposta da un pianeta all'altro, trova oltre la porta il sorriso caldo della donna ad accoglierlo; un sorriso che gli fa gelare il sangue. Il borsone viene lasciato vicino alla porta che si chiude alle spalle, avvicinandosi al divanetto occupato da Susan per sedersi di fianco a lei. Annusa l'odore di sua moglie tanto quanto lei annusa la sua inquietudine che non riesce a nasconderle. Le si siede a fianco, leggendo il titolo della bozza. Legge qualche riga, cerca di canalizzare la concentrazione su qualcosa che non siano gli occhi della moglie. Lei sorride.
Da quando, dopo settimane che non ci vediamo, trovi uno stupido articolo più interessante di tua moglie?
Quella domanda è come un pugno sui denti.
Mi dispiace, Susan.
Una frase inutile. Ma è l'unica frase che riesce a sputare fuori dalla bocca. Susan, che non è una donna stupida, ci mette qualche attimo capire che qualcosa non va. Ciò che lei aveva annusato poco prima, assume una sfumatura molto più viva; si sfila gli occhiali da viso: è un viso dai lineamenti non più giovanissimi, con qualche ruga più marcata, circondato da capelli bruni che hanno sostituito ormai da anni la tinta rossa naturale.
Sono andato a letto con un'altra donna.
Il silenzio non riesce a sopportarlo. Parlare è l'unica cosa che riesce a fare: per rispetto nei riguardi della donna che ama, probabilmente per sentire il petto meno pesante. Susan in un primo momento è disorientata, restando a guardare l'uomo con più attenzione, chiudendo il deck e stringendolo tra le mani. Poi il disorientamento si trasforma in un misto di emozioni che Drake non saprebbe neanche chiamare per nome; ha come l'impressione di assistere alla demolizione di un grattacelo in disuso. L'holodeck che gli viene schiantato in faccia non lo vede neanche arrivare, lo sente solamente.
You. You're a ...
Lei non riesce a trovare una parola adatta per descriverlo, lui quando ruota il viso su di lei la vede con gli occhi verdi rovinati dal rossore delle lacrime che le tagliano in due le guance. Il macigno che ha nel petto gli fa mancare il fiato per dei secondi. Lei non dice nulla e non ci sarebbe nulla da dire: incassa la testa tra le braccia, sulle ginocchia soffocando qualche singhiozzo. Lui solleva la mano sinistra, vorrebbe toccarle la testa, la schiena, ma si interrompe. Viene interrotto.
Go out.
E nel tono di Susan è trasparente, la rabbia. Drake non se lo fa ripetere due volte. Si alza dal divanetto e ritorna vicino alla porta, dove aveva lasciato il bagaglio intatto. Non l'ha neanche spostato nella loro stanza. Lo recupera da terra e con l'altra mano prende la maniglia della porta.
I wish..
Nothing.
Una risposta ermetica, definitiva. Le parole gli sono finite. Apre la porta, esce e se la chiude alle spalle. Fa due passi in direzione dell'ascensore, ma si ferma poco dopo. Sente il rumore di qualcosa di fragile che si schianta contro la porta e poi si frantuma. Da dentro.

Passerà la notte nel suo vecchio appartamento: quella notte Lyn è di turno alla Base della Marina.

mercoledì 21 gennaio 2015

i think a horse

Oak Town, Gennaio 2517

La locanda di Thomas Muller è poco più di una bettola, che sembra decente solo all'esterno a causa della sua posizione centrale. La gente va in quel posto perchè o ha pochi soldi e la necessità di restare in città, oppure per consumare incontri clandestini, potendo contare sul discrezione del locandiere. Muller non ha ancora sessant'anni, ha braccia abituate al lavoro manuale e con le quali tira sul bancone due bottiglie di whiskey; un sigaro in bocca che appesta costantemente l'ingresso della locanda e che oscilla leggermente al sorriso sornione che rivolge all'uomo che ha davanti, notando la giovane donna bionda che l'accompagna.
Lei, Sceriffo, è un uomo fortunato.
Chiudi quella fogna e dammi le chiavi della stanza.
I dollari vengono messi sul bancone, così come le chiavi della stanza; vengono recuperate, insieme alle bottiglie di alcol. E tira dritto, verso le scale che portano al piano superiore e alla stanza. Non si gira a guardare la donna che l'accompagna e se lei gli chiede qualcosa risponde solo quando scuotere il capo o annuire gli è impossibile. Poi, una volta che sono entrambi in stanza, è costretto a guardarla e guardarla spogliarsi davanti a sè. Prima di potersi spogliare a sua volta, prima di poterla raggiungere a letto, si scola una delle due bottiglie per intero. La seconda bottiglia viene intaccata di tanto in tanto, mentre il sudore gli scivola addosso, sulla pelle rovinata dalle cicatrici.

E' ancora notte fonda quando lascia la locanda, questa volta con la sola compagnia di Silver, che segue il suo padrone senza che debba tirarlo per le redini, e della seconda metà di whiskey della seconda bottiglia. Sulla neve barcolla, sul ghiaccio rischia di scivolare. La main street fino al Crazy Horse non è molta, ma fatica a raggiungere il saloon.
La tua fortuna, Silver, è che sei un cazzo di stallone. Un cazzo di stupido animale col cervello impostato solo a mangiare, cagare, cavalcare, scopare, muggire. Yes man, sei una cazzo di vacca.
L'alcol è decisamente troppo nelle vene, nello stomaco. E nonostante butti in gola alcol su alcol, non riesce ad annebbiare il ricordo del corpo e della pelle di Jordan, nè a cancellare il sapore e l'odore. Solleva troppo il braccio, per finirsi di scolare la bottiglia, la seconda quella sera, e così anche la testa: scivola all'indietro, sbattendo il culo, la schiena e la testa. Ma non si spacca, così come non si frantuma la bottiglia, attutiti dalla neve. Perde i sensi.

Si sveglia quando sente un principio di assideramento agli arti e alla schiena. E quando apre gli occhi, Silver gli sta lavando la faccia con la lingua.Ed è grazie all'animale che riesce a rimettersi in piedi, attaccandosi alle redini, e a restare in piedi, appeso alla sella. Quando ha di nuovo piantato i piedi a terra, vomita. Si ricorda quello che ha mangiato a cena. E così come è riaffiorata la bistecca di Jimbo, riaffiorano anche i sensi di colpa, la sensazione di disagio e la rabbia canalizzata contro sè stesso. Ha picchiato la testa, pensa che se la sarebbe dovuta rompere. La mano sinistra spesso corre alla fede nel taschino della giacca, ma non la raggiunge mai.
Vorrei essere un cavallo come te, amico mio; o come uno di quei panciuti cani dello sceriffo Mayer. Do you think? 
Il cavallo non risponde, ma sbuffa. Tiene il passo per sè e per il padrone. Ma non lo riaccompagnerà al saloon, ma alla stalla dove ha il suo box. Il fieno sotto il culo, il cavallo a fianco, non gli faranno patire il freddo. 

martedì 13 gennaio 2015

museum

Capital City, Gennaio 2517

Il dottor Jackson le ha dato il permesso di entrare solo nel pomeriggio inoltrato, quando le condizioni di Drake si sono stabilizzate e quando l'hanno trasferito in una delle stanze comuni, seppure nessuno dell'equipe medico si è espresso sulle tempistiche di risveglio del loro paziente. - Potrebbe restare in questo stato anche per settimane - , le hanno detto. Quando ha ottenuto il permesso di entrare nella stanza, esita ad oltrepassare l'uscio, al contrario di Helena che si mette seduta su una sedia vicino al letto, leggendo dal cortex una delle storie più amate da suo padre: "Hooked Heads". Quando Susan ritorna in ospedale con qualcosa da mangiare, sua figlia non ha ancora smesso di leggere: lo farà poche ore dopo, addormentandosi. Cercando di non svegliarla, la adagia sul secondo letto di quella stanza, privo di degenti, coprendola con due spesse coperte. Ed infine è la sua volta di prendere sonno, sulla sedia, con la testa poggiata sulle braccia a loro volta poggiate sul bordo del letto di suo marito.

E' mattina inoltrata. Helena è fuori dalla stanza, in compagnia di Lyn e di sua zia Lois. Lei dorme ancora nella medesima posizione in cui era rimasta la notte passata; viene svegliata da un tocco sottile e lento di una mano familiare tra i capelli bruni e scompigliati. Un tocco che le riscalda il petto prima ancora che sollevi la testa e che incroci gli occhi chiari ed il viso arrossato dalla febbre del suo uomo. - Non volevo svegliarti. - Quella voce soffocata le accende il viso; nel rimettersi in piedi la sedia per poco non ruzzola all'indietro. Non riesce a parlare, non prima che gli sia addosso con il viso e con le labbra non potendo esimersi dal baciarlo come non faceva da troppo tempo; gocce salate scivolano dai suoi occhi sul viso dell'uomo che la trattiene a lui per molti secondi.
Fuck you, Drake Russell.
I love you too, miss Russell.
Prima di poter mettere insieme qualche frase di senso compiuto le occorrono alcuni secondi. Accarezzandogli il viso e la fronte sulla quale la nuova cicatrice è solo il segno meno evidente dello scontro avvenuto giorni prima nel 'rim. Gli prende la mano buona, la stringe, mentre si rimette a sedere.
Morirò prima di te, se continui a tornare a casa in questo stato.
Menti sapendo di mentire: lo sai che le donne vivono più degli uomini.
Perchè perdono tempo a giocare a polo invece di badare alle loro famiglie.
A me il polo non è mai piaciuto.
A te piacciono i criminali, i terroristi e gli indipendentisti invece.
L'accusa non è difficile da cogliere, tanto che l'uomo adagia la testa sul cuscino e si prende qualche secondo per inspirare a fondo e deglutire a fatica.
Tanto valeva che tornavi in servizio nella Marina se devi fare il loro lavoro; perlomeno hai un equipaggiamento decente addosso.
Susan, ne abbiamo già parlato infinite volte: il mio posto è con gli sceriffi e con la gente.
Anche i Soldati badano a noi.
Io non salirò più a bordo di un Avenger allo scopo di bombardare città e pianeti, Susan. Se la Marina, se Aaron Lee e se la Shepard vorranno appoggiare un'altra guerra, io non sarò con loro. Ho giurato di servire il mio Governo e la Legge dell'Alleanza, ma non le mire espansionistiche di Politici ed Industriali.
Sei stato in guerra, Drake. Ti ricordi perchè ci sei andato?
Perchè l'Indipendenza non vincesse e perchè il Core non diventasse il Rim.
E cos'è cambiato adesso?
Prima non vedevo cose che adesso mi sono molto più chiare.
Ma lei non ha modo di replicare oltre su quell'argomento, quando un dad detto a gran voce riempie la stanza insieme alla gioia di una ragazzetta dai capelli rossi che ha ricominciato a piangere. Lacrime di gioia. Helena si fionda al fianco di Drake con prepotenza. Gli ruba il braccio buono e puoi la spalla alla quale si stringe col viso.
Dovresti essere a scuola, sweety.
Oggi c'era la visita guidata al museo della Grande Guerra.
Motivo in più per non saltare la scuola.
Mio padre ha vinto la Grande Guerra e combatte gli indipendentisti tutti i giorni. A che mi serve un museo?
Susan lascia la sedia a sua figlia e le lascia spazio con suo padre. Ma prima di staccarsi da suo marito gli piazza sul viso un'espressione eloquente lontana dall'essere conclusiva. Avranno tempo per parlare ancora, molto più tempo di quanto ne hanno normalmente a causa dei rispettivi lavori. Si attarderà fuori, con sua sorella, con la migliore amica di suo marito. La tristezza e la rabbia si sono sedati dagli occhi aperti di Drake, dopo ore lunghe ed estenuanti. Sa di aver sposato un soldato e sa che deve convivere con l'idea che un giorno potrebbe tornare a Capita City avvolto nella bandiera dell'Alleanza; ma vive con la speranza più forte che quel giorno non giungerà mai.

lunedì 12 gennaio 2015

ordinary day

Capital City, Gennaio 2517

La lezione di Arte l'ha sempre annoiata terribilmente. Il professore spiega alla classe che la conoscenza delle forme d'arte fa parte del patrimonio umano fin dalla Terra-che-Fu e tante chiacchiere che provocano ad Helena un profondo sbadiglio, nascosto a stento dalla manina. Lei ascolta, prende appunti, segue; quando tornerà a casa perderà tempo - a sua detta - ad assimilare i concetti appresi a lezione, ma solo per non rovinare la media. Quando l'uomo panciuto, con un'ampia calvizia di capelli bianchi, sulla sessantina e ormai sulla strada del pensionamento, bussa alla porta prima di entrare per consegnare un foglietto al professore, i ragazzi guardano in silenzio speranzosi di qualche improvviso motivo che li congedi dalla lezione. Il professore però tronca ogni speranza.
Russell, devi uscire.
Uscire?
Si, tua madre ti ha firmato il permesso.
Helena non ha idea del motivo, ma annuisce. Jade, la sua bionda compagna di banco, le sussurra un beata te, prima che l'amica rimetta a posto la cartella e si rivesta del giaccone e dei copriabiti invernali. Raggiungere in pochi minuti l'uscita della Capital City Alliance Public School e mettere infine piede nella utilitaria nera guidata dalla madre.
Che succede Mà.
Susan ha indosso ancora uno dei suoi completi scuri e formali che indossa quando va in ufficio al Journal, sul viso dal trucco leggero le rughe sono tese e lo sguardo è serio. Gli occhi sono leggermente arrossati. Guarda Helena e le accarezza la guancia con il pollice e l'indice della mano destra, prima di rimettere in moto l'auto e guidarla. Quel papà è tornato non ha il suono di una buona notizia ed Helena lo capisce subito. Muove le labbra per chiedere, ma esita, preoccupata.

Il viaggio fino al Blue Sun Hospital è silenzioso. La tensione sale quando l'auto imbocca i cancelli del parcheggio interno e diventa palpabile quando imboccano il reparto di terapia intensiva. Helena segue sua madre un passo indietro, osservano il via vai di dottori ed infermieri; quando sua madre si ferma lo fa anche lei, davanti ad una stanza chiusa - singola - con una finestra che affaccia all'interno. Non guarda dentro, guarda il medico sui trentacinque che si frappone tra loro e la porta della stanza.
Signora, è un parente del paziente?
Sono sua moglie. 
Bene signora. Suo marito ha appena subito un delicato intervento chirurgico al cuore e alla colonna vertebrale, Sono desolato, ma non posso darle il permesso di entrare finchè le condizioni non saranno stabili.
Lei, dottore, invece, deve spostarsi e farmi entrare. 
La giornalista ed il medico discutono, animatamente, per qualche minuto. Helena trova in quella discussione un ottimo diversivo per arrivare alla porta della stanza ed entrare, silenziosamente. Guarda le macchine attaccate a suo padre e legge le basse pulsazioni cardiache sull'encefalogramma. Drake sul letto è incosciente con un boccaglio d'ossigeno sul viso e due trazioni che immobilizzano il braccio sinistro e la gamba destra; nonostante il lenzuolo, le fasciature su tutto il busto sono visibili e arrivano al collo; l'ultima fasciatura cinge la testa e nasconde l'orecchio destro. Se ne frega di ciò che vien detto fuori: lei si accosta al lettino per allungare le manine ed afferrare la mano destra di suo padre, stringerla con tanta forza, facendo attenzione ai tubicini e cercando di trasmettergli calore. Dad. - Le labbra le tremano - Dad. - Le viene difficile parlare. Le lacrime cominciano a rigarle le guance silenziose e copiose, come se gli fossero stati aperti i rubinetti a piena pressione. - Non lasciarmi dad. - Le viene fuori prima che una giovane infermiera, attirata dal baccano lungo la corsia e notando la ragazzina dentro la camera, poggi sulla spalla della ragazzetta una mano. Helena solleva gli occhi umidi e rossi su di lei, tirando sù col naso.
In queste condizioni qualsia persona ci avrebbe lasciato la pelle prima di raggiungere l'ospedale. Tuo padre invece è ancora vivo, vedrai che non morirà.
E lei ascolta quelle parole, ma esita dal volersi staccare da quel posto. Intanto Susan - fuori - non sembra voler sentire storie. Voce non eccessivamente alta, ma che romba in quei metri di corsia.
Senta, dottor Testa di Cazzo Jackson - il cognome l'ha letto sul cartellino - se non si toglie subito dalle palle e non mi lascia vedere mio marito, metto anche lei in terapia intensiva.
Signora, non sia irragionevole..
Irragionevole questo paio di..
Viene interrotta dalla presa di Helena, che dal basso e dal suo metro e trenta scarso, le stringe la vita con le braccia, piangendo e singhiozzando tenendo la fronte premuta sul ventre della madre. Susan abbassa l'ascia di guerra, si piega sulle ginocchia e prende il capo di sua figlia tra le mani. Le bacia la fronte. - Mettiamoci a sedere. - Riesce a calmarla, nonostante tutto; lei stessa si calma seppure occhi rabbiosi vengano indirizzati sul dottor Jackson ogni qualvolta le passi davanti per entrare nella stanza di Drake a controllarne lo stato.

mercoledì 7 gennaio 2015

Boss

New London City, 2484

Un ragazzino immigrato da Victory gli aveva raccontato, a scuola, che dalle sue parti si appendevano calze al caminetto: se durante l'anno si era stati buoni, la notte quella vecchina le avrebbe riempite con dolcetti e qualche dono. E mentre il suo amichetto dall'accento inglese così diverso dal suo gli raccontava quella storia, si domandava se questa vecchina avesse una nave spaziale e prima o poi avrebbe messo una calza anche alla sua stufa elettrica.

Sua madre era andata a prenderlo a scuola: quell'inverno aveva nevicato troppo e lei temeva che suo figlio si rompesse qualche ossa cadendo sul ghiaccio oppure, peggio, avesse optato per andarsene a zonzo tutto il giorno per giocare sulla neve. Ed a giudicare dalla faccia del ragazzino nel vedere sua madre all'uscita dalla scuola, era facile intuire che la seconda opzione sarebbe stata attuata. Durante la tratta a piedi tra la scuola e casa, racconta a sua madre la storia della vecchia di Victory. Pochi giorni dopo, di fianco alla stufa, c'è un piccolo animale: un cucciolo di Londoneer Mastiff. Non aveva mai avuto un animale, tanto meno un cane.

Boss, il mastino, cresceva velocemente: in pochi mesi aveva raggiunto il quintale e l'altezza di un metro. Tra il ragazzino ed il cane si era subito creato un forte legame. L'animale accompagnava il padroncino fin davanti al cancello della scuola e lì se ne restava finchè l'ultima campanella non veniva suonata; l'accompagnava anche quando andava a giocare a pyramid nello spiazzale davanti al magazzino a pochi isolati da casa. Era diventato per il giovane Russell una guardia fedele ed un amico inseparabile e l'attaccamento che si era creato con lui non era stato minimamente condiviso con i due fratelli minori.

Man mano che Boss diventava vecchio e Drake si lasciava dietro l'infanzia per percorrere gli anni dell'adolescenza, il tempo che i due trascorrevano insieme diminuiva sempre più drasticamente a causa anche del trasferimento nel trasferimento alla scuola pubblica di New Manhattan negli anni del liceo e gli allenamenti e le trasferte con la squadra di pyramid. Boss però non si era mai perso il rientro del proprio padrone, piazzandosi davanti alla porta quando sentiva il suo odore e la serratura che scattava alla rotazione delle chiavi: e non spostava i suoi cento chili se prima non riceveva una manciata di carezze soddisfacenti.

Boss vive per 13 anni, nonostante negli ultimi anni aveva perso gran parte della vista e non ci sentiva bene da un'orecchio. Il pelo bianco aveva reso la tonalità sabbia sbiadito e rovinato. Suo fratello George gli aveva raccontato tempo dopo, che Boss era morto dopo che se n'era andato via di casa. Si è lasciato morire, sono state usate dal fratello, per descrivere le cause della morte. Drake si è sempre rifiutato di avere altri cani, o animali, dopo Boss.



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Capital City, 2517

Helena rientra a casa nel tardo pomeriggio, trattenuta a scuola per le ore supplementari imposte dal collegio didattico a tutti gli alunni per recuperare le ore perse a causa della neve delle settimane passate. Come ogni volta, prima lascia la cartella su una sedia del tavolo in cucina, poi si toglie di dosso cappotto, sciarpa, guanti e cappello, lasciando tutto all'appendi-abiti.
Mà, Dad. C'è nessuno in casa?
Nella 503 c'è il silenzio. Ma alla giovane ragazza non preoccupa, immaginando che entrambi non siano ancora rientrati da lavoro. Pensa di essere da sola dentro casa, finchè non sente qualcosa spingerle il piede, con pochissima forza. Quando abbassa gli occhi, scorge il cucciolo di Sanbernardo che con una zampetta le fa pressione sulla gamba, scodinzolando, reggendo in bocca un pezzo di cartone strappato dalla scatola dove era stato rinchiuso, per raggiungere la ragazza. Lei guarda l'animaletto e questo, avendo attirato la sua attenzione, scodinzola più forte. Tra i due è subito amore.

Quando Drake rientra a casa, appena prima di cena, le trova entrambe - Helena e Susan - sul divanetto a giocare con il nuovo acquisto. Sorride, guardandole.
Quindi, com'è che l'avete chiamato?
Ti piace Boss?
Alla domanda l'uomo resta momentaneamente spiazzato. La perplessità trova risposta nell'occhiata eloquente di Susan. Annuisce.
Potevi sceglierne uno migliore, ma it's ok.
Le guarda per qualche altro secondo, notando che non sembrano intenzionate a smettere di giocare col cane.
Well, ho capito che la cena non è ancora pronta.
Entrambe scuotono la testa insieme. Troppo tardi per iniziare a cucinare, ordinerà cibo cinese per tutti.

domenica 4 gennaio 2015

senses

2516

Ha sempre intuito quando qualcuno se ne sarebbe andato via per sempre: se fosse giunta la Morte a raccogliere un altro trofeo, oppure i quarantuno pianeti del 'Verse e i miliardi di parsec di spazio che li circondano.

Nelle ultime settimane della R.E.D. sentiva qualcosa nel petto, una sensazione di disagio che precedentemente non aveva mai sentito. Le settimane passate con Coco su Greenfield insieme agli altri volontari nella ricostruzione post terremoto erano diventate piene di scontri, divergenze via via sempre più fitte che puntualmente sfociavano in una tensione condivisa da entrambi. Non avrebbe immaginato, ma qualcosa tentava di avvisarlo, che presto quelle tensioni avrebbero portato ad un punto di rottura. Coco è su Meili, e potrebbe raggiungerla in qualunque momento, parlare, tentare di tirarla fuori da sotto il cielo inquinato che ha scelto come esilio; ma non la raggiunge, non parla, non tenta. Parte di sè pensa che la pena che la donna si è auto-inflitta sia giusta.

Quando alla 503 di Dorian Street sono stati recapitati i libri per Helena, non aveva sentito niente. Una settantina di libri cartacei e digitali, tutti che riportano la stessa dicitura: Lee Chernenko; e sono soprattutto manuali, saggi e trattati di comparative politics e storia politica e delle istituzioni. Alcuni offrono prospettive equilibrati, alcuni sono più marcatamente filoalleati e alcuni sono scritti da luminari del Rim, più filo indipendentisti. Perchè la futura presidente non faccia gli errori dei suoi predecessori. Ci ha riflettuto in seguito se il suo sesto senso avesse fatto cilecca, che anche un ragazzino si sarebbe dovuto accorgere che qualcosa non andava, che Lee stava per fare qualcosa di avventato. Ma lei è tornata, viva e - poi - libera. Non ha sentito niente durante la notte passata a bere con lei e a perdere a holo-biliardo in un bar nella periferia di Capital City. Quella sensazione di disagio gli comincia a premere sul petto solo la mattina successiva, quando Helena prende appunti alle spiegazioni di Lee, di molte di quelle terminologie politiche dei suoi libri, troppo avanzate per l'istruzione di una ragazzina di tredici anni. Le ha guardate per tutta la mattinata e durante il pranzo, perlopiù in silenzio. Avrebbe potuto dire qualcosa quando ha accompagnato Lee all'ascensore, ma si è limitato ad un sorriso ed un abbraccio. Un see you stretto nell'accento di New London City.

Ha una sensazione simile ogni volta che mette piede nel cimitero di Oak Town, di fianco al Saint Quentin. Ogni mattina, ha quella feroce sensazione di disagio nel petto quando legge l'epitaffio incisa su una delle tombe cittadine. We fought Serenity so that you'll live it. Ogni mattina su quella holo-lapide ci sono fiori freschi, messi da lui o messi da padre Baldwin (un piacere, di un amico). Resta davanti a quelle ossa sperando di non dimenticare il tempo in cui erano carne e parole. Eppure sente che quel ricordo sbiadisce ogni giorno, ogni mese, ogni anno; restano solo ossa ed un'immagine in movimento per pochi secondi, su una lapide sbiancata dalla neve. Non avrebbe immaginato, anni prima, che si sarebbe trovato a mettere fiori su una tomba. Su quella tomba.